Un'esperienza. Inland Empire di David Lynch non è un film organico, lineare, comprensibile, con un inizio e una fine definibili tali, ma è innanzitutto un'esperienza sensoriale. Un flusso di pensiero libero di un artista, che non richiede spiegazioni, ma solamente intuizioni, emozioni personali, positive o negative che siano. Si potrebbe parlare di mondi paralleli, di realtà e finzione che si fondono, si incontrano, si abbandonano, di cinema e televisione (e di pellicola e digitale), del concetto del Tempo, non sequenziale, "random" e assoluto.
Heather, Joshua e Michael, tre studenti di regia, vogliono girare un documentario su una leggenda locale, quella della strega di Blair che che vivrebbe nei boschi presso Burkettsville, nel Maryland, dove tanti bambini sono scomparsi negli anni '40...
Helen, corriere in bicicletta, ha un traumatico incidente. Durante la convalescenza, inizia a sperimentare strani episodi di allucinazioni e incubi notturni, grazie ai quali scopre di avere un tumore di natura benigna, generato dai residui di una "gemella scomparsa". Nel corso del tempo, il tumore con le sue oscure manifestazioni mina lo stato psicofisico di Helen, che sotto l'influenza della gemella malvagia diventa sempre più pericolosa per se stessa e per la migliore amica Molly.