Secondo film di Buñuel dopo Un chien andalou dell'anno precedente, col quale costituisce il vero e proprio manifesto del surrealismo cinematografico (alla sceneggiatura collaborò Salvador Dalì, fra gli interpreti figura Max Ernst). Nei sessanta minuti di proiezione non assistiamo allo svolgersi di una trama ben definita ma, come al solito nei film del regista spagnolo, al susseguirsi di personaggi e di situazioni canonici, in una critica serrata e corrosiva al clericalismo, all'autoritarismo e alla repressione sessuale.

Uno scultore è sconvolto per la morte della moglie in un incidente d'auto. Decide quindi di costruire una statua in sua memoria. Ma quando la realistica statua comincia a sanguinare attraverso le crepe nell'argilla, anche la carne dell'uomo comincia a mutare e a necrotizzarsi...

La scultrice Camille Claudel (1864-1943) fu legata all'artista Auguste Rodin da una relazione impetuosa e tormentata ed ebbe sempre un rapporto conflittuale con la madre, prima di essere abbandonata dall'amante e internata in manicomio.

Le vicende del film traggono spunto da un percorso esistenziale inversamente proporzionale che i due protagonisti della vicenda, Mosè e Korinne, compiono nel momento in cui le loro vite si incrociano. Mosè è uno scultore dal grande talento che, pur essendo assorbito dalla propria arte, sperimenta ogni giorno quanto sia difficile sopravvivere da artista in Italia.