Una banda di lestofanti da quattro soldi decide di rapire la figlia di un industriale a scopo di riscatto. Ma si sbagliano e portano via invece la moglie del riccone. Grosso errore: il riccone aveva una cordiale antipatia per la consorte e non gli par vero che qualcuno gliel'abbia tolta dai piedi. Niente riscatto: se gliel'ammazzano, gli fanno un favore. I lestofanti non sanno che pesci pigliare. Ma chi prende l'iniziativa ora è la rapita che s'impone ai rapitori fino a diventare il "cervello" della banda, rendendola molto più temibile che in precedenza. La vittima preferita della gang sarà proprio il riccone.

Quattro musulmani residenti a Londra decidono di aprire una cellula di terroristi suicidi. Tra di loro c'è chi decide di addestrarsi in Pakistan, e chi invece si dedica al reclutamento: ma sono stupidi e maldestri e gli esiti saranno insieme tragici e ridicoli.

Due fratelli, Totò e Pietro, vivono di piccoli furti. Rubano alla stazione due valigie, ma una contiene un cadavere. Decidono di farlo sparire in campagna. Cominciano disavventure di ogni genere e Totò finisce per mangiare, per errore, un'insalata di marijuana e diventa un pazzo omicida. Una parodia di Che fine ha fatto Baby Jane? di grana grossa ma tutta da vedere con un Totò irresistibile che fa la caricatura di Bette Davis. Indimenticabile la scena in cui, sottovoce, intona “Non ho l'età per amarti”.

Nel 1948, in occasione delle nozze della principessa Elisabetta d'Inghilterra e del principe Filippo di Edimburgo, in un paesino dello Yorkshire, decidono di fare un succulento e sontuoso pranzo nonostante ci sia ancora il razionamento. Ci si metterà perciò a ingrassare una bella scrofa, ma quando sarà pronta, verrà rubata dal pedicure locale che se la porta a casa. Individuato il ladro tutti si precipitano da lui e ne nascono tafferugli di ogni tipo. L'accordo però sarà presto raggiunto e tutti potranno saziarsi al banchetto in onore della loro maestà.

La strage di Little Big Horn ambientata nella grande fossa delle Halles di Parigi, scavata nei primi anni '70. Mastroianni come Custer, Piccoli come Buffalo Bill, Tognazzi e Cuny pittati da pellerossa... Con questo western parodistico Ferreri, che non ama le mezze tinte, punta sulla tragedia buffonesca con un sarcasmo in bilico tra l'umorismo nero di R. Azcona e il didascalismo derisorio di Brecht. Un pastiche al riso verde.

La bella Giulia (Edwige Fenech), è l'amante di Andrea (Renzo Montagnani) un ricco industriale parmense, sposato con Valeria (Barbara Bouchet), a sua volta attratta dal sedicente conte Giovanni (Tullio Solenghi). Durante la vacanza a Courmayeur, la scaltra amante farà in modo di far scoprire al suo amato l'adulterio della moglie, evitando così un costoso divorzio.

Un uomo d'affari intende risolvere i suoi problemi fiscali, non avendo pagato le tasse, cercando di evitare di pagare una grossa multa. L'unico modo per evitarla è quello di perdere molti soldi. Lui e suo fratello decidono così di produrre un lungometraggio, a parer loro, di poco valore. Il film però, invece di essere un fiasco, viene presentato alla mostra di Venezia, premiato con un leone d'oro ed è campione d'incassi, consentendo così grossi guadagni ed il pagamento della multa.