L'epopea del giudeo Ben-Hur, arrestato dall'amico Messala, tribuno dell'impero romano, inviato nelle galee come schiavo, riuscirà, dopo aver salvato il console Ario, a diventare un ricco romano e a tornare in patria per vendicarsi.

Per fuggire ai nazisti che stanno rastrellando i villaggi ebraici della Romania, alcuni ebrei, guidati dallo scemo del paese, decidono di mettere in scena un trucco. Costruiscono un treno, ci appiccicano le svastiche e poi si travestono: chi da aguzzino delle SS chi da prigioniero. Destinazione (falsa) Auschwitz...

Presentato con successo al Sundance Festival, e al Noir in Festival, è un film di cui discutere, sia per il contenuto contraddittorio, sia per il modo in cui è raccontato. Se non fosse la vera storia di Danny Balint, o almeno così dicono, sarebbe troppo provocatorio per essere vero. Danny è un brillante studente ebreo, ma è anche un violento antisemita. La paradossale contraddizione in cui vive arriva al culmine quando gli viene chiesto di mettere una bomba in una sinagoga. In realtà sarà lui ad andare in corto circuito. Aspro, isterico e violento, il primo film di Henry Bean (sceneggiatore di Nemico pubblico e Affari sporchi) è capace di scuotere le coscienze, pur non approfondendo le difficili tematiche religiose.

Durante la seconda guerra mondiale, in un piccolo ghetto ebraico della Polonia occupata, Jacob Heim, proprietario di un caffè chiuso da tempo, ascolta per caso un bollettino radio proibito che annuncia alcuni successi dell'esercito sovietico sui nazisti. Il giorno dopo comunica queste notizie a due amici ormai in preda allo sconforto. Le voci si allargano anche agli altri e ben presto circola la notizia che Jacob possieda un radio, crimine grave punibile anche con la morte. Tuttavia la voglia di speranza prevale sulla paura, e ogni mattina gli abitanti del ghetto chiedono di conoscere le novità. Jacob, incapace di deluderli, fa trapelare finti bollettini di guerra, inventa avvenimenti e situazioni incoraggianti.

La storia di tre generazioni degli Sonnenschein, una famiglia ebreo ungherese durante l'impero austro ungarico, l'occupazione nazista fino al secondo dopoguerra e all'eredità comunista.

Madrid: Leni Dalinsky, ebrea, vuole che la sua famiglia conosca Rafi, il ragazzo palestinese con cui ha una relazione. Inizialmente i due decidono di non rivelare il legame soprattutto per via di David, il fratello di Leni, ebreo ortodosso. In attesa che il padre Ernesto torni a casa per cena, Leni e Rafi si trovano ad affrontare tragicomiche situazioni con i vari parenti, che si comportano in modo strano...

Jakie, un ragazzo ebreo, sconvolge le tradizioni di famiglia perché non vuole cantare in Sinagoga, come hanno fatto tutti i maschi di famiglia prima di lui per cinque generazioni. Infatti ama il jazz e a questo vorrebbe dedicare la sua carriera. Il padre, il cantore Rabinowitz, lo osteggia apertamente finché dopo un'aspra discussione Jakie lascia casa e se ne va per la sua strada. Cambia il nome in Jack Robin e si dipinge la faccia di nero per seguire le sue aspirazioni, finché non gli si presenta la grande occasione con l'aiuto di Mary Dale, famosa cantante, con cui ha una relazione. Arrivato a questo punto Jack dovrà riconsiderare le sue scelte, anche nei confronti della sua famiglia.

Rafi è una donna di trentasette anni appena uscita da un divorzio, sola, depressa e in cura da una psichiatra. Incontra casualmente David, un giovane pittore di ventitré anni ed è amore a prima vista. Tra i due inizialmente sembra funzionare tutto alla perfezione, ma, con il passare del tempo, le diverse esigenze dovute alla differenza di età (Rafi vuole avere un figlio, David è attratto dalla playstation ed è ancora legato ai suoi amici), e le diverse culture di appartenenza (David è ebreo, Rafi no), rendono il percorso sentimentale della coppia difficile e accidentato. A complicare il tutto ci si mettono gli amici di Rafi che sono contrari a questa relazione e soprattutto Liza, la madre di David, che, guarda caso, è anche la psicoanalista di Rafi.

Steven vive in una famiglia dissestata nel New Jersey con padre rassegnato, madre distratta, sorella che, come lui, si bea nel considerarsi una perdente. Lui, però, cerca di reagire, procurandosi un fantoccio di legno (dummy) con il quale apprende a fare il ventriloquo.

Benjamin Fiedler è un tredicenne che adora giocare con i videogames, è attratto dalle sue compagne di classe ma, allo stesso tempo, ne è terrorizzato e combina dei piccoli guai con i suoi amici. Soprattutto, Benjamin è alla vigilia di un importante momento della sua vita: il Bar Mitzvah, il rito ebraico che segna il passaggio dalla fanciullezza all’età adulta. Un appuntamento reso problematico dalle implicazioni sociali che comporta, ovvero dover salmodiare in ebraico davanti alla comunità e la grande festa, per la quale dovrà dimostrare di aver speso almeno tanto quanto quella del suo amico Zachary Stein, protagonista di un Bar Mitzvah in stile Titanic. Nei Fiedler scatta la molla della competizione e l’unico modo che Benjamin architetta per bloccare la frenesia dei genitori è di invitare a casa, con due settimane di anticipo sulla data della festa, il nonno hippy che il padre non vede da 26 anni.