Un'esperienza. Inland Empire di David Lynch non è un film organico, lineare, comprensibile, con un inizio e una fine definibili tali, ma è innanzitutto un'esperienza sensoriale. Un flusso di pensiero libero di un artista, che non richiede spiegazioni, ma solamente intuizioni, emozioni personali, positive o negative che siano. Si potrebbe parlare di mondi paralleli, di realtà e finzione che si fondono, si incontrano, si abbandonano, di cinema e televisione (e di pellicola e digitale), del concetto del Tempo, non sequenziale, "random" e assoluto.

Un giovane, Peter, ritorna in Austria in cerca della sua eredità. Lì visita il castello di un antenato, un sadico barone che fu condannato a morte violenta da una strega che il barone aveva bruciato sul rogo. Peter legge ad alta voce l'incantesimo che fa tornare il Baron Blood e continua le sue torture omicide.

I componenti di una famiglia, presi in ostaggio da coloro che si sono introdotti nella loro abitazione, sono costretti a giocare una terrificante partita all'insegna del motto "uccidi o sarai ucciso". Man mano che la notte avanza, le misteriose regole del gioco diventano sempre più chiare e la famiglia si rende conto che l'incubo di cui è vittima è trasmesso in diretta ai telespettatori di tutto il mondo, che non sanno se quello che vedono è reale o messa in scena.