Circa 500 pellicole risalenti al periodo tra il 1910 e il 1920, credute perse per oltre 50 anni, vengono riscoperte nelle profondità di una piscina sub-artica nel territorio dello Yukon, a Dawson City, a 350 miglia a sud del Polo Nord. Usando filmati d'archivio per raccontare la storia del ritrovamento, si ha il ritratto singolare del ciclo di vita di una cittadina canadese.

Visioni di vite disperse in oggetti ritrovati in un appartamento meneghino appartenenti ad un bolzanino e ad una bolognese in quegli stessi redivivi, coppia borghese tra l’affiatato e a pensar male, il mal assortito, sebbene i posteri non siano chiamati ad esprimere tali ardue sentenze bensì, in veste di pubblico, allettati a ripercorrere momenti di vita di quei due immortalati in diapositive ritrovate in soffitta e che il film gioca a montare dando loro un flusso temporale che non può che essere inattuale altresì inatteso perché interpuntato da tranche-de-vie altrui e proprie dei filmmaker stessi, che quegli oggetti riutilizzano e riadattano alla propria quotidianità con un occhio di riguardo e una strizzata d’occhio a quei mezzi sconosciuti antichi proprietari.