Un taxi attraversa le strade di Teheran in un giorno qualsiasi. Passeggeri di diversa estrazione sociale salgono e scendono dalla vettura. Alla guida non c'è un conducente qualsiasi ma Jafar Panahi stesso impegnato a girare un altro film 'proibito'. Panahi è stato condannato dalla 'giustizia' iraniana a 20 anni di proibizione di girare film, scrivere sceneggiature e rilasciare interviste, pena la detenzione per sei anni. Ma non c'è sentenza che possa impedire ad un artista di essere se stesso ed ecco allora che il regista ha deciso di continuare a sfidare il divieto e ancora una volta ci propone un'opera destinata a rimanere quale testimonianza di un cinema che si fa militante proprio perché non fa proclami ma mostra la quotidianità del vivere in un Paese in cui le contraddizioni si fanno sempre più stridenti.
Nella Londra contemporanea si intrecciano le storie di alcuni individui, chiamati ad affrontare grandi scelte e cambiamenti nelle loro vite. Le loro vicende offrono l'immagine di una società in cui ogni persona è sola, anche quando è in mezzo a una folla. Man mano che le tensioni salgono, le relazioni di ognuno diventano via via più difficili e complesse, la lealtà viene messa alla prova e la violenza è destinata a esplodere.
Mizra, un immigrato bosniaco, Hershey, un anziano afroamericano e Salgado, una ribelle portoricana lavorano come taxisti per la compagnia di Box. Le loro vite saranno sconvolte in poche ore di una notte che vede un killer di tassisti uccidere la sua undicesima vittima.